Mentre Mig e droni hanno, momentaneamente, cessato di volare nei cieli dell’ex Jamahiriya dopo la fine all’offensiva militare del generale Khalifa Haftar contro Tripoli, la Libia continua a bruciare. Questa volta sono le rivolte popolari a incendiare le strade delle principali città libiche da Tripoli a Bengasi, da est e ovest. Crisi economica, corruzione, assenza di elettricità, pesano sulla popolazione stanca della cattiva gestione delle risorse del Paese. Le proteste si sono riflesse anche sui “governi libici”: il Governo di accordo nazionale (Gna) formalmente riconosciuto dalle Nazioni Unite e il governo della Libia orientale, quello non riconosciuto dall’Onu, con sede a Tobruk. Quest’ultimo ha formalmente dato le proprie dimissioni per “voce” del primo ministro Abdallah al-Thani.
Nella capitale le cose non vanno meglio.
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